domenica 23 gennaio 2011

I cannoli son finiti!

Quando Cuffaro sarà assolto da tutte le accuse, tanti sciacalli di queste ore saranno in prima fila a chiedergli scusa
(Pierferdinando Casini, 26 gennaio 2008)

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Fino a pochi giorni fa si aggirava con il suo simpatico faccione tra i corridoi di Palazzo Madama, sede del Senato. Da ieri la sua dimora è una cella al pianoterra del carcere di Rebibbia, reparto G12, Roma. Italia.

Chissà se Salvatore “Totò” Cuffaro da Raffadali (Agrigento), ex presidente della Regione Sicilia, ex vicesegretario nazionale dell’Udc ed ex (fino a ieri, per la precisione) senatore della Repubblica italiana, si aspettava un destino così inglorioso quando il 26 settembre del 1991, con proverbiale tempismo, esordiva sugli schermi televisivi nazionali sudato e schiumante di rabbia scagliandosi ferocemente contro il giudice Giovanni Falcone, pochi mesi prima che un attentato mafioso lo facesse saltare per aria.
Forte di quella mirabolante performance, il giovane Cuffaro brucia le tappe: in pochi anni passa da promettente deputato dell’assemblea regionale siciliana (in quota DC) a Presidente della Regione Sicilia. Non ancora eletto governatore dell’isola – siamo nella primavere del 2001 – Cuffario si mette all’opera. Per aiutare propri cittadini? No, per favorire la mafia.
Questo il verdetto dei giudici della seconda sezione penale della Corte di Cassazione che lo hanno condannato a 7 anni di reclusione per favoreggiamento a Cosa Nostra.

I fatti dicono che, nel 2001, Cuffaro viene a sapere di una microspia installata dai Carabinieri del ROS (Reparto Operativo Speciale) nell’abitazione palermitana di Giuseppe Guttadauro, boss mafioso del mandamento di Brancaccio. Cuffaro, forse preoccupato per le sorti del boss e per i colloqui compromettenti che si svolgevano nell’abitazione, informa della notizia Mimmo Miceli, un altro politico siciliano che, a sua volta, informa Guttadauro. Il gioco è fatto: il 15 giugno 2001 si interrompono le conversazioni “compromettenti” che il boss intratteneva nella sua abitazione. Tre giorni dopo la cimice viene individuata e distrutta, mandando in frantumi una promettente indagine sui rapporti e le connivenze politico-mafiose in Sicilia.
Ma l’attivismo di Totò “Vasa-vasa” (ovvero “bacia-bacia”, soprannome che deriva dalla sua proverbiale propensione ad elargire baci ai suoi interlocutori) non si ferma qui.
Celebre è l’incontro tra lui e Michele Aiello – imprenditore ritenuto molto vicino a Provenzano – avvenuto nel retrobottega di un negozio di articoli sportivi di Bagheria, durante il quale Cuffaro avrebbe concordato il tariffario regionale dei rimborsi alla clinica “Villa Teresa”, di cui Aiello era proprietario.
Nemmeno le frequentazioni “pericolose” di Cuffaro si fermano qui. Amico e testimone di nozze (insieme a Clemente Mastella, ex ministro della giustizia) di Francesco Campanella, il pentito che procurò a Provenzano il passaporto falso che consentì al boss dei boss di espatriare in Francia, Cuffaro frequentava anche Vincenzo Greco e Salvatore Aragona, entrambi condannati per mafia. Ma guai a farglielo notare: “che devo fare – obietta stupito Totò – marginalizzarli? Io sono per ascoltare tutti, parlare con tutti”. Ci mancherebbe.

E infatti, né le prime indagini, né il rinvio a giudizio, né tantomeno la condanna in primo grado per favoreggiamento “semplice” a un singolo mafioso, interrompono il climax politico di Totò.
Certo, i cannoli con cui, nel 2008, festeggia la condanna in primo grado (anzi no: “li stavo solo spostando!”, si difende Cuffaro), lo obbligano a lasciare la poltrona di Presidente della Regione appena riconfermata alle elezioni. Ma gli valgono un bel seggio in parlamento. A garantirglielo, ironia della sorte, la legge elettorale a firma leghista e la ferma volontà di Pierferdinando Casini, che, definendo Totò un “perseguitato politico” e violando la promessa di non candidare alle elezioni politiche chiunque avesse subito condanne, gli porge in dono una poltrona da Senatore.
Nel gennaio 2010, però, le cose si complicano: la Corte d’Appello lo condanna a 7 anni per favoreggiamento, aggravato dall’aver favorito Cosa Nostra, prospettandogli la concreta ipotesi del carcere. Ieri la sentenza definitiva e l’ingresso in carcere.

Cuffaro lascia in eredità un posto da Presidente della Regione Sicilia, oggi occupato da Raffaele Lombardo, già arrestato un paio di volte e tutt’ora sotto inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa, e un seggio da Senatore della Repubblica, già assegnato a Maria Pia Castiglione. La quale, unendosi alla solidarietà bipartisan (nel PD si segnala il dispiacere di Follini) tributata dalla politica al povero Totò, ha subito precisato: “per me resta un amico dotato di grande umanità, disponibilità e generosità. Tutti gli dobbiamo tanto”.



Tutti chi?

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